In considerazione della proliferazione di forme di condivisione, come il coworking, ma anche per le controversie che da anni sussistono in merito ad esempio alla corretta classificazione degli studi professionali, o di altre forme di associazione professionale, la sentenza di Cassazione (numero 1662 del 28 gennaio 2015) stabilisce che i professionisti che condividono spazi di lavoro, attrezzature e personale con un’associazione, ma come contribuenti restano persone fisiche e pertanto sono esenti dal pagamento dell’ IRAP

Mera condivisione di servizi

La sentenza stabilisce che per il professionista in questione c’è l’esenzione IRAP, perché «l’associazione alla quale il contribuente aderisce non prevede sostituzione fra gli associati nell’assistenza alla rispettiva clientela» e risulta di fatto «finalizzata esclusivamente all’utilizzo comune di sedi, attrezzature mediche e personale amministrativo». E questa situazione, secondo la sentenza, non rappresenta un esercizio in forma associata di un’arte o professione, ma «una forma di mera condivisione di servizi (e delle relative spese) fra soggetti ognuno dei quali svolge autonomamente la propria attività, trattenendone interamente il relativo reddito e senza alcuna partecipazione al reddito derivante dall’attività degli altri».

Autonoma organizzazione

È diverso, specifica la Cassazione, il caso in cui il contribuente sia uno studio professionale associato, che è dotato di “autonoma organizzazione” e quindi è soggetto IRAP. In questo specifico caso, il contribuente resta invece il professionista persona fisica, che condivide spazi, attrezzature, e anche personale, ma resta un singolo professionista.

La Corte propone una serie di precedenti giurisprudenziali relativi al concetto diautonoma organizzazione:

  • «organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la capacità produttiva del contribuente» e non, quindi, «un mero ausilio della attività personale, simile a quello di cui abitualmente dispongono anche soggetti esclusi dalla applicazione dell’IRAP (sentenza 3672/07);
  • «un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall’aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui» (sentenza 3673/07);
  • «un contesto organizzativo esterno anche minimo, derivante dall’impiego di capitali e/o di lavoro altrui, che potenzi l’attività intellettuale del singolo» vale a dire, una “struttura riferibile alla combinazione di fattori produttivi, funzionale all’attività del titolare» (sentenza 3675/07);
  • «uno o più elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell’interessato, potenziandone le possibilità», quindi un qualcosa in più (quid pluris) che «sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista» (sentenza 3676/07);
  • «una struttura organizzativa “esterna” del lavoro autonomo e cioè quel complesso di fattori dei quali il professionista si avvale e che per numero ed importanza sono suscettibili di creare valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettualesupportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al suo know-how» (sentenza 3678/07).

Ci sono poi altre sentenze, che valutano i diversi casi con un approccio empirico e stabiliscono una serie di precedenti a cui si può fare riferimento: c’è autonoma organizzazione se il contribuente è responsabile dell’organizzazione, se impiegabeni strumentali eccedenti rispetto a quanto si ritiene sia il minimo indispensabile per esercitare l’attività in assenza di organizzazione, se si avvale in modo non occasionale di lavoro altrui. Si può aggiungere che naturalmente è un caso di impresa vera e propria quello della Società tra Professionisti, STP, introdotta dalla Legge di Stabilità 2012. 

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