Quanto costa aprire partita IVA? Se lo chiede che pensa di aprire un’attività produttiva mettendosi in proprio, soprattutto con la riforma del regime dei minimi in vigore tra pochi mesi: dal 2012 la platea dei beneficiari del regime fiscale agevolato muta profondamente, con ricadute economiche per chi aderisce e chi ne resta fuori. Tecnicamente, la partita IVA non ha costi di apertura, ma le spese sono una diretta conseguenza.

La partita IVA identifica, con il codice a 11 cifre, persone fisiche e società.

Chi decide di aprire partita IVA diventa in automatico “azienda“. In più, per le persone fisiche deve essere accompagnata in fattura dal codice fiscale della persona.

Al momento dell’apertura il libero professionista o la società richiedente deve scegliere il regime fiscale da adottare. Tipicamente, per i liberi professionisti o gli imprenditori individuali che avviano un’attività la scelta migliore ricade sul regime dei minimi, perché all’inizio i guadagni non sono certi e le agevolazioni sono invece interessanti.

Costi per partita IVA in regime dei minimi
Veniamo ai costi per la partita IVA. I contribuenti minimi sono infatti esonerati dal pagamento IVA, IRAP, IRPEF e le addizionali regionali e comunali sull’IRPEF, oltre a non essere soggetti ai tanto temuti studi di settore, a patto però di non superare il limite dei 30mila euro di fatturato annuo. L’unico costo è rappresentato dall’imposta sostitutiva del 5% sugli utili prodotti (ricavi incassati meno i costi sostenuti).

Questi i “contro”: niente oneri deducibili e detraibili portare in detrazione, oltre all’impossibilità di effettuare esportazioni, assumere dipendenti o collaboratori e acquistare beni strumentali di valore totale superiore ai 15.000 nell’arco di 3 anni.

Costi per nuove attività produttive
Per le società è invece possibile optare per il regime delle nuove iniziative produttive e imprenditoriali, ma solo per un massimo di 3 anni consecutivi. In questo caso l’imposta sostitutiva è del 10% ma gli oneri sono maggiori: niente esonero per IVA, IRAP e studi di settore.

Spese accessorie per le partite IVA
Tra le altre spese da tenere in considerazione quando si apre una partita IVA c’è la parcella del commercialista che si occuperà necessariamente della gestione delle fatture, un costo che in caso di volumi di fatture e consulenze non troppo elevati va in media dai 500 euro ai 2000 euro, tutto iva esclusa.

Ricordiamo infine che per la richiesta di apertura è sufficiente comunicare l’inizio attività al Registro delle Imprese attraverso il canale telematico. Una semplificazione introdotta con Comunicazione Unica che è andata a sostituire la vecchia procedura che prevedeva di inviare la comunicazione alla Camera di Commercio della propria provincia, al Registro delle Imprese e all’INPS.

Costi previdenziali
C’è poi il capitolo contributi INPS che prevede diverse situazioni tipiche a seconda che ad aprire la partita IVA sia:
una persona non occupata come impresa: il contributo INPS minimo da pagare tramite modello F24 2.887 euro l’anno, per i ricavi superiori a 14.000 euro l’anno è prevista un’aliquota aggiuntiva del 20%;
una persona non occupata come libero professionista: necessaria l’iscrizione alla gestione separata INPS, il contributo da versare è pari al 26,72% del reddito;
lavoratore dipendente come impresa : prevista una doppia contribuzione INPS, per il lavoro dipendente e per quello autonomo;
lavoratore dipendente come libero professionista : previste la gestione separata INPS e la contribuzione INPS pari al 17%.
I neo imprenditori che svolgono un’attività legata al proprio ingegno non devono versare il contributo fisso INPS.

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